La
questione palestinese sta evolvendo, grazie soprattutto a un’opinione pubblica
sempre più attenta e consapevole della drammaticità della situazione in cui
versa il popolo palestinese che vive in uno Stato che tale non è riconosciuto dalla
comunità internazionale.
Un
contesto reso oggi ancora più complesso dalle azioni intraprese dal governo
israeliano guidato dalla destra di Benjamin Netanyahu, che nei giorni scorsi ha
approvato un disegno di legge volto al rafforzamento dell’identità ebraica
dello Stato d’Israele a discapito, come ha sottolineato l’opposizione laica al
governo, della democrazia. Il Parlamento dovrà pronunciarsi sul testo, che non definisce
più Israele come umo Stato “ebraico e democratico”, ma come “lo stato nazionale
del popolo ebraico”.
Alla
luce di tali avvenimenti, sul versante internazionale si stanno verificando
prese di posizione inaspettate ed impensabili fino a poco tempo fa: dopo Malta
e Cipro, la Svezia è il terzo Paese dell’Europa occidentale a riconoscere
ufficialmente lo Stato palestinese. Un’iniziativa quella svedese che ha
suscitato sia il plauso del mondo arabo che la protesta del governo israeliano,
culminato con il richiamo in patria dell’ambasciatore a Stoccolma.
Altri
Paesi europei stanno seguendo la strada intrapresa dalla Svezia, infatti i
parlamenti di Gran Bretagna, Irlanda e Spagna hanno già approvato una
risoluzione per il riconoscimento formale dello Stato della Palestina.
In
Gran Bretagna la proposta è stata lanciata da un deputato laburista, ed ha
ottenuto l’80 per cento del consenso nel suo partito. Il parlamento di
Westminster ha così approvato la mozione che chiede al governo britannico il
riconoscimento dello Stato di Palestina, tuttavia la mozione non è vincolante,
ma il messaggio lanciato dai parlamentari britannici nei confronti del governo
di Israele suono come un monito: è questa l’unica strada per la soluzione del
conflitto.
Anche
il parlamento spagnolo ha approvato con voto unanime la risoluzione presentata
dal Psoe e negoziata da tutti i partiti, per il riconoscimento formale dello
Stato palestinese. Nel testo, il governo di Madrid si impegna «a riconoscere la
Palestina come Stato, soggetto di diritto internazionale».
Ad
inizio dicembre su questo tema spinoso si pronuncerà anche la Francia. Mentre
l’Italia e l’Unione europea?
Il
20 novembre su Il sole 24 ore,
Alberto Negri parlando della esplosiva situazione mediorientale e dell’assenza
dell’Europa, si pone una lecita domanda: cosa aspetta il governo italiano e l’
Unione Europea guidata dalla Mogherini nella sua politica estera, ad appoggiare
la soluzione di due stati due popoli? Secondo Negri, l’Europa deve essere
l’attore principe in una questione che la riguarda direttamente per ragioni
morali, storiche ed anche economiche, infatti lo stesso Mario Draghi,
presidente della Bce, ha attribuito ai rischi geopolitici in Medio Oriente e
Ucraina, le cause per le previsioni al ribasso della crescita del PIL europeo.
L’Italia,
che è una delle dieci economie più importanti nel mondo, svolge un ruolo
centrale nella politica europea e spende innumerevoli milioni in missioni
all’estero, non può disinteressarsi delle
decisioni che riguardano i Paesi che sono lambiti dal mar Mediterraneo.
Se
il premier svedese, Stefan Löfven ha definito una priorità della sua coalizione
di centro-sinistra il riconoscimento della Palestina come Stato, il nostro neo
ministro degli Esteri Gentiloni ha dichiarato che «la questione è sul tavolo,
ma non può essere una petizione di principio usata in un momento che non è il
più opportuno».
Tuttavia
a livello europeo sembra che qualcosa mi muova, anche se il voto sul
riconoscimento dello Stato della Palestina che era in programma per giovedi 27
novembre è stato posticipato a metà dicembre su richiesta del gruppo PPE. Secondo
il The Jerusalem Post, dietro la
posticipazione del voto ci sarebbe l'intensa attività di lobbying da parte dei
diplomatici israeliani a Bruxelles.
Qualcosa
si muove, ed è giunto il momento di andare fino in fondo.
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