«Con me primo ministro, non ci sarà uno Stato palestinese».
Per tutta la campagna elettorale tratteggiata da toni razzisti, Benjamin “Bibi”
Netanyahu ha diffuso questo messaggio estremo, sconfessando anni di
dichiarazioni ufficiali dei governi israeliani. Dopo un testa e testa sino
all’ultimo voto e contro tutti i pronostici, Netanyahu ha nuovamente vinto nelle
elezioni governative israeliane, ottenendo 30 seggi al Knesset, rispetto al
candidato di centrosinistra Isaac Herzog che ne ha ottenuti 6 in meno.
“Bibi” è così il primo ministro di Israele per il terzo
mandato consecutivo e per la quarta volta, ed ha già promesso che formerà un
governo di sola destra, con l’inclusione anche dei partiti nazionalisti e
religiosi.
Indicendo elezioni anticipate, l’intenzione del premier
israeliano era quella di sbarazzarsi dei partiti di centro per tornare ad
essere il padrone indiscusso della destra israeliana e dell’intera scena
politica nazionale. Con queste elezioni Netanyahu non solo è riuscito nel suo
intento, ma ha anche posto termine alle discussioni interne, mettendo un punto
al dialogo con il popolo palestinese e bloccando ogni possibile accordo sul
nucleare con l’Iran.
La campagna elettorale di Netanyahu si è basata esplicitamente
sul rifiuto di far nascere uno stato palestinese. Il premier ha messo in
guardia i suoi elettori di destra dal pericolo di un governo di sinistra
appoggiato dagli arabi. Ancora ad urne aperte “Bibi” ha trasmesso un video in
cui affermava che gli arabi stavano andando in massa a votare e chiedeva ai
suoi sostenitori di recarsi alle urne per fare in modo che la destra potesse
rimanere salda al potere. Il neo premier ha così definitivamente dimostrato di
ritenere parte dei suoi cittadini, ossia gli arabi, degli intrusi nel
territorio israeliano. Eppure coloro sono cittadini di Israele.
C’è però da sottolineare come in questo aspro contesto, per
la prima volta una lista araba unitaria ha guadagnato forti consensi, diventando
il terzo partito del paese, nonostante il tentativo di Netanyahu di mettere i
due popoli che abitano in quelle terre gli uni contro gli altri. Nonostante ciò
la lista araba non ha nascosto la sua delusione per i risultati finali delle
elezioni, in quanto la vittoria della sinistra di Isaac Herzog gli avrebbe
permesso la possibilità di salire al governo.
La campagna elettorale della destra si è avvalsa anche delle
teorie complottiste, accusando la comunità internazionale di cospirare contro
Netanyahu e contro il suo governo. Critiche arrivate dopo settimane di scontro aperto
con l’amministrazione americana di Obama, la quale ha fortemente disapprovato il
discorso tenuto da Netanyahu al Congresso, in cui quest’ultimo aveva tuonato
contro qualsiasi accordo sul nucleare con l’Iran, minacciando anche un possibile
intervento armato israeliano contro l’Iran per assicurarsi la sopravvivenza del
popolo ebraico.
Israele con la nuova vittoria di Netanyahu cade nelle più
becere teorie complottiste, isolandosi sempre più sulla scena internazionale.
Come ben scrive Jacopo Zampini giornalista di Internazionale, «in
un Medio Oriente scosso dalle guerre in Siria e Iraq, da milioni di profughi,
dalla nascita del califfato del gruppo Stato islamico, dalla rivalità tra
sciiti e sunniti, dall’emergere dell’Iran come potenza regionale, dalle
rivalità tra i sauditi e gli egiziani da una parte e la Turchia e il Qatar
dall’altra, l’ultima cosa di cui si sentiva il bisogno era quella di un Israele
ancora più isolato ed estremista».