venerdì 26 dicembre 2014

Tsipras e la "minaccia" greca


Nelle scorse settimane, e più precisamente il 9 dicembre scorso, il premier greco Antonio Samaras, leader del partito liberal conservatore Nuova Democrazia al governo con il Pasok, partito socialista, ha annunciato le nuove elezione per il rinnovo della carica di Presidente della Repubblica. Dopo la notizia, la borsa di Atene ha perso più di 12 punti percentuali, portando anche al ribasso dei titoli nei mercati degli altri Paesi del vecchio continente. Il risultato complessivo alle parole di Samaras è stato il caos internazionale, a livello economico e politico.
Il timore dei mercati finanziati è dato dalla fondata paura che, nel caso in cui non si dovesse eleggere il nuovo presidente entro il terzo scrutino, la Grecia potrebbe tornare anticipatamente alle urne, con in tal caso, una possibile, anzi probabile, vittoria del partito politico di sinistra: Syriza, guidata da Alexis Tsipras, la più grande novità politica nelle scorse elezioni europee.
Il premier greco Samaras può contare su una maggioranza di 155 voti, insufficienti per far passare il proprio candidato, Stavors Dimas, per sostituire Karolos Papoulias. Infatti per eleggere il nuovo presidente servono almeno 180 voti ed è difficile che Samaras possa arrivarci. I primi due scrutini si sono conclusi con una fumata nera, così se neanche nell’ultimo scrutino, che avverrà il 29 dicembre, non si riuscisse ad eleggere il nuovo presidente, Samaras sarà costretto ad annunciare le elezioni anticipate per il rinnovo dell’intero Parlamento greco.
Prima di entrare nel merito della questione Tsipras e sul perché questo con il suo partito incute tanto timore, è necessario fare il punto della situazione sull’ economia greca dopo il commissariamento da parte della Troika.
Con le politiche di austerità imposte dalla Troika, non si può dire che, dopo 5 anni “drammatici”, l’economia sia tornata brillante, anzi il Paese è in deflazione da due anni, la disoccupazione è superiore al 25%, più di un terzo dei cittadini è a rischio povertà. Tuttavia, secondo il Fondo monetario internazionale nel 2014 il Pil è cresciuto dello 0,6% e l’anno prossimo di quasi il 3%. Dire che la crescita è nulla rispetto a ciò che la Grecia ha subito in termini politici, economici, ma soprattutto sociali, sarebbe riduttivo. Il Paese è stato la cavia della fallimentare politica di austerità imposta dall’ Unione Europea.
E’ in questo contesto che entra in gioca Syriza ed in particolare il suo leader Tsipras, che stando agli ultimi sondaggi sarebbe il più votato in caso di elezioni. Attraverso una buona e non distorta informazione, l’obiettivo di Tsipras è quello di rimanere in Europa per cambiare l’Europa, attraverso la convocazione di una conferenza europea per la ristrutturazione del debito, che riguarda non solo la Grecia ma la maggior parte dei Paesi europei, la fine delle politiche di austerità con l’abrogazione del fiscal compact e un piano europeo per il lavoro e la salvaguardia dell’ambiente.
Al momento non ci resta che attendere la terza votazione che avverrà il 29 dicembre e di conseguenza vedere lo scenario che si aprirà per il popolo greco e per l’intera Europa.
Intanto negli Stati Uniti si registra nel terzo trimestre del 2014 un +5% di Pil, mentre il vecchio continente si dibatte ancora in una crescita quasi assente. L’Europa deve dire basta all’austerità e puntare sugli investimenti, il presidente Obama lo sta facendo senza essere descritto come un sovversivo. Questo è quello che chiede anche Tsipras.




sabato 29 novembre 2014

Il momento giusto


La questione palestinese sta evolvendo, grazie soprattutto a un’opinione pubblica sempre più attenta e consapevole della drammaticità della situazione in cui versa il popolo palestinese che vive in uno Stato che tale non è riconosciuto dalla comunità internazionale.

Un contesto reso oggi ancora più complesso dalle azioni intraprese dal governo israeliano guidato dalla destra di Benjamin Netanyahu, che nei giorni scorsi ha approvato un disegno di legge volto al rafforzamento dell’identità ebraica dello Stato d’Israele a discapito, come ha sottolineato l’opposizione laica al governo, della democrazia. Il Parlamento dovrà pronunciarsi sul testo, che non definisce più Israele come umo Stato “ebraico e democratico”, ma come “lo stato nazionale del popolo ebraico”.

Alla luce di tali avvenimenti, sul versante internazionale si stanno verificando prese di posizione inaspettate ed impensabili fino a poco tempo fa: dopo Malta e Cipro, la Svezia è il terzo Paese dell’Europa occidentale a riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese. Un’iniziativa quella svedese che ha suscitato sia il plauso del mondo arabo che la protesta del governo israeliano, culminato con il richiamo in patria dell’ambasciatore a Stoccolma.

Altri Paesi europei stanno seguendo la strada intrapresa dalla Svezia, infatti i parlamenti di Gran Bretagna, Irlanda e Spagna hanno già approvato una risoluzione per il riconoscimento formale dello Stato della Palestina.

In Gran Bretagna la proposta è stata lanciata da un deputato laburista, ed ha ottenuto l’80 per cento del consenso nel suo partito. Il parlamento di Westminster ha così approvato la mozione che chiede al governo britannico il riconoscimento dello Stato di Palestina, tuttavia la mozione non è vincolante, ma il messaggio lanciato dai parlamentari britannici nei confronti del governo di Israele suono come un monito: è questa l’unica strada per la soluzione del conflitto.

Anche il parlamento spagnolo ha approvato con voto unanime la risoluzione presentata dal Psoe e negoziata da tutti i partiti, per il riconoscimento formale dello Stato palestinese. Nel testo, il governo di Madrid si impegna «a riconoscere la Palestina come Stato, soggetto di diritto internazionale».
Ad inizio dicembre su questo tema spinoso si pronuncerà anche la Francia. Mentre l’Italia e l’Unione europea?

Il 20 novembre su Il sole 24 ore, Alberto Negri parlando della esplosiva situazione mediorientale e dell’assenza dell’Europa, si pone una lecita domanda: cosa aspetta il governo italiano e l’ Unione Europea guidata dalla Mogherini nella sua politica estera, ad appoggiare la soluzione di due stati due popoli? Secondo Negri, l’Europa deve essere l’attore principe in una questione che la riguarda direttamente per ragioni morali, storiche ed anche economiche, infatti lo stesso Mario Draghi, presidente della Bce, ha attribuito ai rischi geopolitici in Medio Oriente e Ucraina, le cause per le previsioni al ribasso della crescita del PIL europeo.

L’Italia, che è una delle dieci economie più importanti nel mondo, svolge un ruolo centrale nella politica europea e spende innumerevoli milioni in missioni all’estero, non può disinteressarsi  delle decisioni che riguardano i Paesi che sono lambiti dal mar Mediterraneo.
Se il premier svedese, Stefan Löfven ha definito una priorità della sua coalizione di centro-sinistra il riconoscimento della Palestina come Stato, il nostro neo ministro degli Esteri Gentiloni ha dichiarato che «la questione è sul tavolo, ma non può essere una petizione di principio usata in un momento che non è il più opportuno».

Tuttavia a livello europeo sembra che qualcosa mi muova, anche se il voto sul riconoscimento dello Stato della Palestina che era in programma per giovedi 27 novembre è stato posticipato a metà dicembre su richiesta del gruppo PPE. Secondo il The Jerusalem Post, dietro la posticipazione del voto ci sarebbe l'intensa attività di lobbying da parte dei diplomatici israeliani a Bruxelles.
Qualcosa si muove, ed è giunto il momento di andare fino in fondo.
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venerdì 31 ottobre 2014

Piazza vs Leopolda

Lo scorso sabato si è svolto un duello a distanza tra Roma e Firenze. Da un lato la piazza, colma di lavoratori ed ex lavoratori che ancora una volta scendono in strada per urlare che il lavoro è un diritto e come tale va tutelato; mentre dall’altra parte, a Firenze, c’è la convention dei renziani della prima e ultima ora. Tutti hanno i loro buoni motivi per essere presenti all’una o all’altra manifestazione.
A Roma, le parole sono affascinanti, il clima è festoso, tuttavia ciò non rende l’aria meno pesante e intrisa dell’angoscia di chi vede ogni giorno il proprio futuro lavorativo sempre meno certo.
La Cgil, promotore della manifestazione, negli ultimi mesi è spesso accusata dal governo di incarnare l’anima dell’immobilismo italiano, il lato vecchio della nostra società, quindi il nemico numero uno da abbattere. Certamente il sindacato non rappresenta un modello di modernità nel nostro paese, tuttavia al momento mi appare come l’ultimo difensore dei lavoratori e l’unica voce che si innalza per denunciare la continua erosione di posti di lavoro a causa della chiusura di fabbriche grandi e piccole.
Nonostante ciò non si può fare a meno di porsi una domanda, forse anche un po’ impertinente: quanti di quei manifestanti che sono scesi in piazza per protestare, contro il jobs act e la legge di stabilità,  sostengono o hanno approvato quel governo contro cui ora manifestano? Dato quel famoso 40% delle ultime elezioni europee, a cui si riferisce tanto spesso il nostro premier, bisogna dire molti.
Mentre alla Leopolda di Firenze, dove si riuniscono esponenti e simpatizzanti del PD, si parla di un ipotetico futuro, il presente sembra essere già trascorso e così ad ascoltare i discorsi che si susseguono sul  palco e le reazioni del pubblico sembra di essere ad una convention di esaltati visionari più che ad una presentazione di un progetto per arrivare alla fine di questo tunnel chiamato “crisi”. Invece di farsi la festa da soli con applausi, boati e standing ovation, perché non guardano al paese reale, che è al di fuori delle loro menti? Si rinnega il passato e la parola “sinistra” diventa un tabù. Sei uno della Leopolda se porti entusiasmo e ottimismo, altrimenti vieni etichettato come nemico, gufo, disfattista.
Siamo sempre alle solite, dove i manifestanti raccontano storie di sconfitte e  il potere racconta solo se stesso.



sabato 18 ottobre 2014

Tanto rumore per nulla

Dopo aver atteso per giorni, e letto e riletto quotidiani italiani e non, alla fine ho deciso: se nessuno tra i maggiori giornalisti e giornali non hanno parlato del vertice europeo tenutosi a Milano l’8 ottobre sul tema dell’occupazione, in particolar modo nei giorni successivi, è decisamente il caso di  fare il punto di ciò che è avvenuto.
Passiamo ai fatti. La conferenza informale sui temi del lavoro e della crescita tra i Capi di Stato e Governo e i rispettivi Ministri del lavoro tenutasi la scorsa settimana, non ha prodotto nessun risultato significativo o degno di nota, come già in molti giornalisti avevano predetto con largo anticipo guardando ai summit di Berlino e Parigi che lo avevano preceduto. In compenso le tre conferenze hanno avuto tutte la stessa formula: tante parole, pochi impegni traducibili in azioni concrete e successivamente sono tutte state investite dal più assoluto silenzio.
Il vertice di Milano, che si poneva l’obiettivo di trovare la miracolosa ricetta contro la crescente disoccupazione europea, doveva inizialmente tenersi nel mese di luglio a Torino, ma problemi di sicurezza e agenda, hanno fatto sì che cadesse nel dimenticatoio fino alla proposta del nostro premier.
Renzi ha scelto il mese di ottobre per il suo svolgimento. La proposta di Renzi era dettata soprattutto dal desiderio di poter annunciare proprio durante il summit sull’occupazione alla presenza dei più importanti politici europei, l’approvazione in prima lettura da parte del Parlamento italiano del Jobs Act, fortemente voluto dal suo esecutivo. Una riforma più volte richiesta all’Italia dall’Europa; ma il sogno di Renzi è poi naufragato, dato che l’approvazione è avvenuta quando la conferenza era conclusa già da qualche ora.
In un contesto europeo non facile in cui la cancelliera tedesca Angela Merkel richiama all’ordine chi non vuole fare “sacrifici”, la Francia di Hollande non ha nessuna intenzione di portare dal 4,3% al 3% il deficit nel 2015, era per Renzi  fattore di orgoglio la presentazione della sua legge sul lavoro, in perfetto stile “bravo scolaretto”.

Dopo la conferenza dell’8 ottobre i leader di Italia, Germania e Francia e i vertici delle Istituzioni europee non si sono sottratti ai fotografi, al termine di una riunione di poche ore, poco più che simbolica, e si sono prodigati in discorsi e dichiarazioni. Peccato che la pubblicità messa in atto da coloro che avrebbero dovuto prendere misure adeguate per combattere la disoccupazione, un problema non solo italiano ma bensì europeo, sarebbe stata lecita ed elegante se solo fosse stato raggiunto un vero risultato.


venerdì 3 ottobre 2014

I qaedisti aprono le porte all'occidente


Il declino dell’Occidente è arrivato? Non mi riferisco al declino morale o sociale, che lascio al giudizio soggettivo di ognuno, ma di un declino reale, fatto di terrore e paura annunciato dallo Stato Islamico.


L’organizzazione terrorista composta da milizie armate sunnite che sta conducendo una vera e propria guerra di conquista in Iraq e Siria, continua ad attrarre proseliti e combattenti dal cuore dell’ Europa. In molti, troppi casi, questi innamorati dell’ultima ora della "guerra santa" sono figli dell’ immigrazione di terza o addirittura quarta generazione, che in molti casi con i loro nonni, che provenivano dall’Africa del Nord o dal Medio oriente, hanno in comune solo il patrimonio genetico, quindi a tutti gli effetti per cultura, lingua e stile di vita degli europei.


Il fanatismo religioso trova terreno fertile nei Paesi economicamente sviluppati, portando nelle nostre città un pericolo concreto e vicino: il terrorismo. La possibilità di attacchi per mano di quello che è stato il nostro compagno di banco o di giochi o del compagno di serate che poi improvvisamente si è scoperto non religioso, ma un fanatico religioso, sembra non essere così improbabile.


Cosa spinge un ragazzo qualunque a trovare nel’ IS una nuova ragione di vita?

Secondo alcuni l’emarginazione sociale, la disoccupazione e la povertà sarebbero i fattori scatenanti, tesi avallata anche dai dati, infatti il reclutamento avviene nei sobborghi più poveri delle città, come ad esempio il quartiere di Borgerhout ad Anversa in Belgio, dove l’80% della popolazione è immigrata, la disoccupazione raggiunge il 40% e i giovani diventano così facili prede dell’ estremismo. Il Belgio è il Paese europeo da cui provengono più combattenti stranieri in rapporto al numero degli abitanti. Felice Dassetto, docente dell’Università di Lovanio, ci ricorda che questi sono "cittadini che faticano a pensarsi tali e tendono ad isolarsi in una società segnata dall’ateismo militante", ma invita anche a non generalizzare perché "c‘è una maggioranza silenziosa di mussulmani non estremisti che non riesce a esprimersi".

Altri punti di vista sul fiorente estremismo islamico affermano che non è né la povertà né l’ emarginazione sociale la causa, ma una spiegazione più plausibile sarebbe da ricercare nel desiderio di fuggire dalla noia della propria casa e di trovare così una propria identità personale. Ad esempio, per un ragazzo che fa un lavoro senza sbocchi in una grigia cittadina, il fatto di sentirsi parte di un gruppo suscita un certo interesse, per questo gli estremisti hanno concentrato gli sforzi per il reclutamento di giovani in cittadine grigie e noiose, dove non si ha la percezioni di poter migliorare il proprio futuro.

Sarebbe utile sapere con certezza quali sono le vere motivazioni che spingono giovani europei ad arruolarsi per combattere nelle terre da cui sono giunti decenni prima i loro nonni per arginare il fenomeno? Certamente, ma forse la stessa società europea e occidentale dovrebbe porsi una domanda: che figli sta generando? Un esame accurato sui valori e modelli che oggi guidano le nostre esistenze potrebbe rivelarsi utilissimo alla causa.



venerdì 26 settembre 2014

Una Presidenza in bianco e nero

A partire dallo scorso primolLuglio fino al 31 dicembre 2014, l’ Italia è a capo della Presidenza del Consiglio dell’ Unione europea. Questo è di certo un ruolo di prestigio, ma ha anche il grande merito di conferire a coloro che lo rivestono il potere d’intervenire sull’agenda europea. Infatti il Paese che si trova a ricoprire tale incarico ha il compito di preparare, coordinare e presiedere i lavori del Consiglio, agendo come mediatore neutrale tra i diversi governi che operano in questo, al fine di promuovere le decisioni legislative e le iniziative politiche.
A tre mesi dall’insediamento italiano appare interessante e forse anche un po’ giusto, effettuare un primo bilancio dei risultati e dei fallimenti fino ad ora ottenuti dalla Presidenza del Consiglio dell’ UE made in Italy.
Nonostante le innumerevoli riunioni convocate, gli incontri con i vari Ministri dell’Unione e le tante conferenze stampa, duole dire che i risultati incassati dalla Presidenza italiana sono piuttosto scarni. All’inizio dell’estate 2014, tra gli addetti ai lavori che circolano nei palazzi del potere europei era grande l’attesa per il programma che avrebbe presentato il Governo italiano in vista dell’imminente incarico di Presidenza, ma altrettanto grande era l’ansia per il suo vistoso ritardo nell’essere presentato, quando poi finalmente è giunto esso poneva come punti base la crescita economica e occupazionale, maggiori spazi di libertà e sicurezza per un pieno esercizio dei diritti di cittadinanza e un ruolo più forte dell’Europa nel mondo. Per ora però tali propositi sembrano essere obiettivi lontani, molto lontani.
Non volendo essere identificato come uno dei numerosi membri del partito dei gufi o un fatale disfattista, mi pare giusto anche ricordare che la Presidenza italiana è giunta proprio in un momento non facile per l’ Unione, a causa dei lunghi tempi che ha richiesto la  formazione della nuova Commissione europea a seguito delle elezioni politiche dello scorso maggio; a ciò occorre aggiungere la burrascosa situazione internazionale in cui l’ UE è chiamata ad operare.
Al momento un punto del programma, cioè rafforzare il ruolo dell’Europa nel mondo, secondo il parere di alcuni addetti ai lavori, sembra esser stato portato a compimento tramite la nomina della Mogherini come Alto Rappresentate della politica estera dell’Unione.
Tuttavia richiamando il programma presentato dalla Presidenza italiana occorre sottolineare come ad ora nessuna misura in favore di crescita e lavoro è stata trattata, ma un piccolo barlume di speranza proviene dalla prossima Conferenza dei Capi di Stato e di governo dell’Unione europea dell’ 8 ottobre, che avrà come tematica di discussione principale proprio il lavoro e si terrà con grande entusiasmo del nostro premier a Milano. Ma in fondo come si sul dire la speranza è sempre l’ ultima a morire.

http://www.tuttafirenze.it/una-presidenza-in-bianco-e-nero/

venerdì 5 settembre 2014

Gli oneri nell'essere Lady Pesc

Lo scorso 31 agosto il Consiglio Europeo ha nominato il Ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, Alto rappresentante Ue per la politica estera e la sicurezza, lo stesso giorno il vertice dell’ Unione Europea ha anche nominato l' attuale premier polacco, Donald Tusk, Presidente permanente del Consiglio europeo e dell' Eurosummit.
Non serve un esperto di politica per comprendere come tali importanti nomine sono il frutto di un lungo e non semplice compromesso tra i 28 Paesi membri dell’ Unione Europea, infatti la Mogherini è un membro del Partito Socialista europeo, mentre Tusk appartiene al Partito Popolare.
Proprio il compromesso è alla base della politica dell’ Unione e diviene un’ arte quando è capace di far tacere i singoli interessi degli Stati europei a favore di tutta la Comunità, ma in questa politica del do ut des che vige nell’ UE diventa difficile stabilire se la nomina della Mogherini  sia un degno risultato per tutta la Comunità o la vittoria, anche un po’ sciocca, dell’ interesse nazionale, in questo caso italiano.
Le principali testate giornalistiche del belpaese hanno proclamato, senza troppi giri di parole, il successo della diplomazia italiana e del Governo Renzi, ma di ben altro avviso si è mostrata la stampa estera. Dopo tante parole, articoli e pseudo servizi giornalistici, forse il modo migliore per comprendere se l’ Italia porta a casa un successo o una vittoria di Pirro, è conoscere quali compiti spettano alla Mogherini in veste di Lady Pesc. Tale ufficio non ha poteri diretti, ma solo propositivi nei confronti del Consiglio Europeo, all’ interno del quale le decisioni relative alla politica estera devono essere prese all’ unanimità; ma mettere d’ accordo ben 28 Paesi non è semplice, con il risultato, al quanto frequente, della paralisi di tutta la politica estera dell’ UE. La carica di Altro rappresentante diventa dunque un mero titolo onorifico.
È la rivista Limes a sottolineare come la scelta del Ministro degli Esteri italiano alla carica di Commissario comporta per il nostro Paese dei veri e propri costi, infatti l’ Italia ostinandosi a sostenere la Mogherini per la carica di Alto Rappresentante, ha già in partenza rinunciato alla poltrona di Commissario alle politiche agricole, incarico di prestigio, ma soprattutto che agisce in un settore in cui confluiscono ingenti e preziosi finanziamenti europei, così la scelta del Governo Renzi costa al Paese reale la perdita della gestione del 50 % del bilancio europeo.
Un secondo costo deriva da ciò che l’ Italia ha dovuto cedere agli altri partner europei per avere il sostegno necessario per l’ incarico alla Mogherini, un costo difficile da valutare, ma che senza dubbio avrà delle ripercussioni in futuro.

C’ è ora da augurarsi che la nostra Lady Pesc svolga al meglio il suo ruolo, agendo in modo imparziale e con la forza che serve per creare una reale politica estera dell’ UE, sorprendendo tutti gli scettici, compreso me.

martedì 22 luglio 2014

Vanità Renziana

Nelle ultime settimane in Italia ed Europa si è acceso un controverso dibattito per la nomina dell’ Alto Rappresentante della politica estera dell’ Unione Europea; funzione creata nel 2009 con l’ obiettivo di dare all’ Ue una voce unica negli affari internazionali, incarico che comporta anche la nomina a vicepresidente della Commissione europea.
Il nostro premier Renzi già da tempo aveva individuato nella figura di Federica Mogherini, attuale Ministro degli Esteri italiano, la personalità adatta a guidare la difficile politica estera dell’ Unione, ma tale candidatura non è “vista di buon occhio” da alcuni Paesi, prevalentemente dell’ Europa dell’ est, che rimproverano al nostro Ministro la mancanza di esperienza e di avere posizioni troppo morbide nei confronti della Russia dello Zar Putin.
Sicuramente al primo giudizio si può controbbattere affermando che l’ inesperienza può essere colmata soltanto con l’ operatività sul campo, ma replicare alla seconda critica non è così facile. Le recenti vicende che hanno investito la Russia, da ultimo  l’ abbattimento del boeing della Malaysia Airlines da parte dei combattenti filo-russi in Ucraina, avrebbero richiesto una forte condanna da parte della Mogherini proprio in virtù dell’ incarico che auspica di ricoprire in sede europea, inoltre una posizione più forte avrebbe di certo “ammorbidito” il giudizio di chi ne ostacola la nomina. A dettare l’ atteggiamento cauto della politica estera italiana nei confronti della Russia, non sono state però le ambizioni europee, ma i forti interessi economici che legano i due Paesi, in primis la consistente fornitura di gas che dall’ ex Unione Sovietica giunge fino alle nostre case e la costruzione del gasdotto South Stream.
In tali “giochi politici” ciò che sorprende è l’ insistenza e la resistenza che il premier Renzi sta dimostrando affinché alla Mogherini e dunque, all’ Italia, venga assegnata la desiderosa poltrona degli esteri europei. Per il premier italiano spetta al PSE, maggiormente composto da italiani, imporre il suo candidato per la carica di Alto rappresentante per gli affari esteri anche in virtù della nomina di Jean-Claude Junker, del PPE, alla presidenza della Commissione europea. 
La domanda sorge spontanea: perché per il nostro premier tale nomina è tanto importante?
Alla base dell’ ostinazione renziana vi è la difficile situazione interna del “bel Paese”: di fronte alle grandi difficoltà economiche e alla lentezza del percorso verso le importanti riforme costituzionali, Renzi vuole dimostrare la forza del suo governo e la sua capacità di riportare l’ Italia a nuovo lustro a livello internazionale; tuttavia non occorre essere uno studioso di scienza politica per comprendere che la nomina a “Ministro degli esteri europeo” è un incarico simbolico più che di sostanza. Probabilmente sarebbe molto più utile per l’ Italia ottenere posizioni di peso effettivo in seno alla Commissione europea, come ad esempio al Commercio o alla Competizione.
Una proposta interessante per un cambiamento in positivo dell’ Unione è stata avanzata da un blogger del Fatto Quotidiano che ha suggerito la creazione di un ministero europeo per l’  immigrazione per iniziare a dare una concreta soluzione alla grandezza e tragicità che comportano le nuove ondate di migranti proveniente dalle zone più povere o conflittuali del mondo. Un grave problema che l’  Italia e l’ Europa stanno affrontando con politiche disomogenee e con scarsi risultati.
L’ energia che sta mostrando Renzi per una vanesia poltrona, ci auguriamo venga poi utilizzata per progetti sicuramente di più vasto e utile interesse.


giovedì 29 maggio 2014

Un PD da DC

Il grande partito, capace di unire le anime politiche più disparate, che Renzi invocava ed auspicava sta prendendo forma. Le cause che stanno portando a  questo risultato sono molteplici e differenti, partendo dal fatto che in Italia c’è un elettorato in movimento, fino ad arrivare al bisogno di una politica capace di rassicurare un Paese in crisi economica e morale.
Si sta delineando nuovamente un mono-partito in grado di assorbire storici elettori di sinistra, ma anche di centro, centro destra e gli eterni indecisi. La storica vittoria del PD alle ultime elezioni europee dimostra in modo inconfutabile che in politica non esiste più la destra o la sinistra, due ideologie differenti, bensì si è creato il partito del pensiero dominante. Dopo il dissenso iniziale e le varie contrapposizioni, Renzi ,con questa vittoria può sancire la sua leadership nel PD, anche perché  i pochi che un tempo facevano parte del gruppo dissidente, ora si allineano alla maggioranza del partito.
Poi, per tutti coloro che dentro si sentono ancora di “sinistra”, ciò che più sconvolge è la costatazione che esistono ancora milioni di connazionali che riescono a votare il, senza più ombra di errore, condannato Silvio. Ma sarà sempre così? Vedremo mai il definitivo tramonto della fosca stagione berlusconiana? Forza Italia sembra proprio indistruttibile, neanche i presunti “complotti internazionali” possono scalfirlo.
In tutto ciò, un dato che non va sottovalutato è il consolidamento del Movimento 5 Stelle. Anche se la sua può apparire una sconfitta, dato che ci sono molti milioni di voti in meno rispetto alle scorse elezioni nazionali, in realtà  con la sua percentuale di preferenze il M5S si afferma come il secondo partito italiano. È plausibile pensare che questo calo sia dovuto non solo a una comunicazione aggressiva e priva di contenuti, ma anche ad una scarsa considerazione delle esigenze dei cittadini che insieme al cambiamento per un rinnovamento della classe politica, chiedono anche concrete ricette per uscire dallo stallo economico in cui l’ Italia versa. Il neo nato Movimento, da poco in Parlamento, deve ancora comprendere le dinamiche istituzionali.

E la sinistra? Questa  appare destinata all’ estinzione, proprio come certi animali rari, preziosi. Senza il duro e ingegnoso lavoro di chi ha creduto in una Europa diversa con L’ Altra Europa con Tsipras, forse in questi giorni avremmo celebrato il funerale della sinistra italiana. Ma per fortuna non è cosi, quella soglia poco democratica del 4% è stata oltrepassata. Da oggi  si ha la possibilità di creare qualcosa di solido per coloro che ancora ci credono. 

mercoledì 30 aprile 2014

Campagna elettorale Europea, senza Europa

A meno di un mese dalle prossime elezioni Europee che si terranno il 25 maggio, la campagna elettorale è caratterizzata da una forte mancanza di dibattito sull’Unione Europea, o meglio tante parole, ma poche soluzioni reali. La politica italiana si sta scontrando con se stessa, con le vecchie logiche del non proporre nulla. Stiamo assistendo alla nazionalizzazione del dibattito europeo, dove le questioni interne prevalgono su quelle europee.  
Questa campagna elettorale si può ben definire come un gioco al massacro: vince chi padroneggia con maestria il linguaggio dell’insulto solo per accaparrarsi pochi spiccioli di voti. Questa situazione è alquanto imbarazzante e priva di incoraggiamento per chi vuole assistere a un dibattito dove vengono espresse quali sono le misure da adottare per poter migliorare e cambiare la nostra Unione.
Come afferma in un articolo de La Stampa Daniele Marini “in Italia, il dibattito attorno a questa scadenza è considerato più per il suo effetto-termometro nei confronti del Governo Renzi e per misurare le forze dei diversi partiti piuttosto che per una riflessione approfondita sulle politiche e le prospettive dell’Ue”.
Pochi sono state le persone che hanno sottolineato l’importanza dell’Unione Europea sia per i cittadini italiani sia per il suo ruolo svolto negli ultimi anni. Ha dato la possibilità di sognare uno stile di vita migliore, ha dato la possibilità a tutti di mettersi in gioco e sfruttare le occasioni che ci vengono offerte, ha dato la possibilità di sentirci uguali tra di noi.

Purtroppo quest’ Unione Europea non è caratterizzata solamente da traguardi positivi, infatti  oggi siamo difronte a delle falle all’ interno del sistema Europa molto grandi. Per questo motivo tutte le forze politiche in campo, soprattutto quelle che vedono nell’ Europa un punto cardine da seguire, dovrebbero fornire proposte ed idee da mettere in pratica, soprattutto in vista del semestre europeo che l’ Italia assumerà a luglio. Queste forze politiche che supportano l’ Unione Europa devono essere responsabili e consapevoli del momento storico nel quale stiamo vivendo, perché la minaccia di coloro che vogliono tornare agli stati nazionali è sempre più forte. Senza dubbio, la mancanza di dibattito sull’Unione Europea non incoraggerà la spinta pro-Europa a scapito di un indebolimento non solo della percezione europea in Italia ma anche in tutti gli altri Stati Membri.

martedì 8 aprile 2014

Più Informazione

Nell’ ultima puntata del programma In mezz’ ora condotto da Lucia Annunziata erano presenti in studio come ospiti Barbara Spinelli, Alexis Tsipras ed alcuni candidati alle elezioni europee nella Lista L’ Altra Europa con Tsipras. Questa lista è stata definita da più voci una delle più interessanti e particolari sullo scenario italiano. Il dibattito si è naturalmente incentrato sulla campagna elettorale che diventa sempre più accesa mano a mano che si avvicinano le elezioni del prossimo maggio.
Nella puntata si è lasciato ampio spazio di parola a Tsipras, candidato al ruolo di Commissario europeo, affinché potesse spiegare quali sono i temi centrali del suo programma politico.
Queste elezioni racchiudono una grande potenzialità, in quanto possono segnare una svolta per l’ Europa, un cambio della sua direzione di marcia fatto attraverso le scelte dei cittadini alle urne. Un segnale di rottura da tutte quelle politiche che sono state attuate sino ad ora ed hanno portato alla disunione dell’ intera Europa a causa dell’ austerità, della politica dei conti di bilancio perfetti, insomma della politica che non guarda ai concreti bisogni del cittadino.
Se l’ Europa vuole tornare ad essere l’ unione dei popoli, bisogna lottare contro coloro che hanno o vogliono portare  allo sfaldamento dell’ Europea. Questa lotta deve essere condotta quindi da un lato contro i movimenti populisti, dall’ altro contro coloro che propongono per l’ ennesima volta politiche d’ austerità.
L’ intento di queste righe è anche quello di soffermarmi sullo spazio mediatico che questa lista ha a livello nazionale, infatti non è errato affermare che i mass media ne danno ben poche notizie.
Spiegare il perché di tanto poco interesse da parte del mondo dell’ informazione su questa lista può essere non semplice, sicuramente non si può negare che probabilmente la sua macchina della comunicazione non è stata fino ad ora in grado di funzionare pienamente, i suoi mezzi economici sono meno poderosi rispetto a quelli che possono utilizzare altre liste, ma sale anche il sospetto che ancora una volta i mass media nostrani assoggettati al volere dei potenti preferiscano seguire le volontà di questi.

Forse si teme in questo paese proprio il cambiamento. Il timore dei governanti e dei mass media, pur esprimendo loro stessi la necessitò di cambiamento, si esprime con la disinformazione. Il dissenso sembra che venga represso attraverso metodi autoritari e lo spazio di critica non debba esistere.

sabato 22 marzo 2014

IL SINDACATO

Mio padre, appartiene alla categoria operaia, e  da sempre vede nel ruolo del sindacato l’organizzazione  a cui può rivolgersi per far valere i suoi diritti nel mondo del lavoro. Non a caso, all'interno della sua fabbrica è membro delle Rappresentanza Sindacali Unitarie (RSU). La RSU è un organismo sindacale che esiste in ogni luogo di lavoro pubblico e privato  ed è costituito da non meno di tre persone elette da tutti i lavoratori iscritti e non iscritti al sindacato. La RSU, dunque, tutela tutti i lavoratori collettivamente.
Nelle scorse settimane si sono svolte le elezione regionali del suo sindacato, cosi parlandone in una telefonata mi è venuto spontaneo pensare come nel corso degli ultimi decenni sia cambiato il ruolo del sindacato e come quest’ultimo viene visto dall'opinione pubblica.
Oggi il ruolo del sindacato viene percepito dal mondo operaio come uno strumento non più al servizio dei loro interessi. Viene visto come un prolungamento della classe politica, in cui la convenienza del singolo dirigente viene prima di quella della collettività.
Questo fenomeno è percepibile già dal fatto che sempre minore è il numero di iscritti al sindacato.
Naturalmente se tale sfiducia è nata nei confronti dei sindacati, i primi responsabili sono proprio gli stessi perché non hanno avuto la forza di comprendere, e forse neanche la consapevolezza, del cambiamento storico ed economico in atto all'interno del paese. Tuttavia non si può negare una campagna di delegittimazione nei confronti dei sindacati anche quando essi hanno agito al meglio delle loro possibilità.
Oggi parlare di sindacato può sembrare ”fuori moda”, anacronistico, io invece penso che non solo non bisogna dimenticare come la lotta sindacale abbia migliorato in maniera sostanziale la vita di milioni di operai/e. ma tale lotta deve esserci da esempio e ispirazione per raggiungere i tanti traguardi  che ancora non rendono il posto di lavoro il luogo dove poter esprimere al meglio le proprie competenze senza dimenticare di essere uomini. 

sabato 8 marzo 2014

L' altra Europa con Tsipras

Alexis Tsipras è il leader del partito greco Syriza. Eletto lo scorso dicembre dal Congresso della Sinistra Europea come candidato presidente della Commissione Europea per le elezioni di maggio, è la più significativa novità “apparsa” nella politica europea negli ultimi anni.
Lui e la sua lista “L’altra Europa con Tsipras”, hanno come obiettivo quello di unire le anime più frammentate della sinistra europea, portando così una concreta svolta in Europa. Le intenzioni e il programma di questa nuova lista civica  promettono un rovesciamento di importanza delle tematiche che non siamo più abituati a sentire: equità sociale. Fin troppi di noi si sono dimenticati di questa semplice e forte parola.
La nascita di questa lista civica a supporto di Tsipras ha come obiettivo quello di pensare un’ Europa diversa da quella in cui stiamo vivendo. Questo non significa che l’Unione Europa fino ad ora è stata un fallimento, anzi, l’impegno di  questa lista è quello di migliorare il modo di agire e pensare dell’Unione Europea. L’Unione ha bisogno di un cambiamento affinché non si dissolva. Questo cambiamento può avvenire solamente rendendo il popolo europeo capace di interagire direttamente con le istituzioni europee.  Nelle sue parole Tsipras esprime al meglio questi concetti di cambiamento : “Un’ Europa al servizio dei cittadini, invece che un’ Europa ostaggio della paura della disoccupazione, della vecchiaia e della povertà. Un’ Europa dei diritti, anziché un' Europa che penalizza i poveri, a beneficio dei soliti privilegiati, e al servizio degli interessi delle banche.”
Abbiamo potuto constatare in questi anni di crisi come le politiche di austerità messe in campo dalla Troika (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea, Commissione Europa) siano state in parte in grado di arrestare la crisi economica partita dalle banche, ma non hanno saputo creare adeguati strumenti per un rilancio dell’economia.  Ad oggi, con una disoccupazione giovanile che in alcuni paesi supera quota 40%, e con tassi di crescita del PIL annuo inferiori dell’ 1%, sono chiare dimostrazioni che bisogna cambiare le politiche economiche messe in campo dall’ Europa.
Occorrono politiche che rimettano al centro dell’ Europa il cittadino e i suoi bisogni, il luogo in cui vive, i suoi desideri. E  Tsipras con il suo programma sembra proprio puntare a ciò.
In Italia, la formazione  della lista “L’altra Europa con Tsipras”, è stata sostenuta da un gruppo di intellettuali noti e meno noti che hanno voluto dare vita ad una lista autonoma della società civile. Intellettuali che hanno fatto un atto doveroso nel dare voce a chi sta al di fuori di tutti i giochi che contano. Ci vuole coraggio, ci vuole ambizione di cambiamento in questo momento.

Doverose però mi appaiono delle domande: questa lista Tsipras sarà in grado di cogliere l’attenzione dell’intera popolazione italiana? Sarà in grado di rappresentare tutti, senza escludere nessuno? Saprà utilizzare strumenti adeguati per raggiungere i suoi obbiettivi? Forse questo è il grande obiettivo che devono cercare di centrare e portare avanti.

domenica 23 febbraio 2014

No Ministro Integrazione per Governo Renzi

Ieri “finalmente” è nato il tanto “desiderato” governo Renzino.
Con questo breve articolo non voglio entrare nel merito delle scelte effettuate dal Primo Ministro, anche se qualche critica la rivolgerei. Come ad esempio lo spostamento di Ministri da una istituzione all’altra. Ma il fatto che più di tutti mi ha colpito è stato la “dipartita” del Ministro dell’Integrazione. Dopo tanti mesi di proteste ed insulti rivolti a Cècile Kyenge, “finalmente” qualcuno potrà essere soddisfatto.
Tra i tanti significati che si possono dare alla parola integrazione, vorrei sottolineare quello in cui questa parola significa unificazione, stretta collaborazione tra soggetti diversi, assimilazione, inserimento di individui o gruppi in un ambiente sociale, in una comunità.
A questo punto la domanda che mi sorge spontanea, dato il taglio ministeriale, è “ma nel nostro Paese siamo veramente così integrati che possiamo  permetterci di salutare il ministero sopra citato?”
La mia risposta è un secco NO.
A 153 anni dalla nascita dell’ Italia ci sono problemi di unificazione tra gli stessi italiani e ancora maggiori sono quelli di penetrazione nel tessuto sociale degli stranieri nel nostro territorio. Infatti è oramai spesso oggetto di cronaca i pochi strumenti a disposizione delle strutture adibite all’ aiuto degli immigrati o dei centri di prima accoglienza. Questo è causa di problemi e ritardi nella buona integrazione di coloro che iniziano o da diverso tempo vivono in Italia. La stessa Italia ha estremamente bisogno  di un cambio radicale della politica di immigrazione. L’attuale legge, Bossi-Fini del 2002, è un  maltrattamento scritto nei confronti di coloro che arrivano nel nostro Paese.

In conclusione, chiederei direttamente al “nostro” Primo Ministro di incentivare le politiche nel campo dell’ immigrazione e integrazione. Essendo io stesso un “migrante”, certo per motivo di studio, capisco bene come sia importante avere a disposizione mezzi in grado di agevolare la costruzione di una propria vita in terra straniera.

sabato 15 febbraio 2014

Non c'è 2 senza 3...

Per chi ancora non se ne fosse accorto sta cambiando per l’ennesima volta chi ci rappresenta. Questo avvicendamento ai vertici alti della nostra politica sta avvenendo senza una consultazione popolare, ovvero le elezioni politiche. Forse qualche persona stolta ha pensato bene che agli italiani non piace votare. Si tratta del terzo premier consecutivo, dopo Mario Monti  ed Enrico Letta, senza legittimazione degli elettori italiani.
Mi stupisce il fatto di come molti giornali e molti cittadini italiani prendono questo evento come la normalità all'interno di una democrazia. Non c’è stato un grido che tuonava allo scandalo, oppure al termine golpe che è tornato di moda nello scenario italiano.
Invece di eleggere noi, cittadini italiani, chi ci deve rappresentare, si scelgono tra di loro per rappresentarci. Ma continuando con questi espedienti obsoleti nessuno potrà mai rappresentarci perché è un nostro diritto e un nostro dovere scegliere liberamente la persona che più ci rappresenta.
Sorge spontanea una domanda, oppure più di una: la persona, a meno di eventuali sorprese sarà il temerario Matteo Renzi che andrà a rappresentare noi cittadini, da chi è stato eletto? Qualcuno potrebbe argomentare ed essere convinto che è stato eletto attraverso le primarie del PD. Ma sicuramente come dice Cesare Martinetti nel suo articolo a la Stampa, nemmeno il PD rappresenta tutta la nazione.
Rimango ancora stupito del fatto, in fin dei conti non dovrei rimanerci così male, che in questo paese non c’è assolutamente coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. Matteo Renzi disse, in un tempo non troppo lontano, riguardo alla famosa “staffetta” con Enrico Letta “ma chi me lo fa fare”. Questa frase e i successivi avvenimenti sono la constatazione del fatto che quelli che parlano del rispetto delle regole sono i primi a maltrattarli.

Sarebbe troppo bello pretendere da parte dei politici, o da chi ci dovrebbe rappresentare un po’ di senso civico e morale. Purtroppo il rispetto delle istituzioni, della democrazia e soprattutto il rispetto dei cittadini è messo in disparte rispetto ai propri interessi che possono solamente accrescere il malessere e l’anomalia Italia.

sabato 8 febbraio 2014

Perchè Cosmonauta?

Ho pensato molto prima di aprire un mio personale blog.
Infine sono giunto alla conclusione di poter provare a dare forma ai miei pensieri.
Qualcuno, leggendo la parola COSMONAUTA, potrebbe pensare che sia riferito ad una specifica connotazione ideologica, invece l’uso che voglio farne è quello di attribuirgli un mio particolare significato nel tentativo di dare forma al mio pensiero, che altrimenti sarebbe astratto e vago,  attraverso la creazione di un blog.
In qualsiasi dizionario di lingua italiana il termine  COSMONAUTA  indica “il navigatore degli spazi cosmici”, per me tale termine va riletto come una metafora con cui descrivere la lotta di ogni uomo per ciò in cui crede.
Nello scegliere la parola COSMONAUTA come nome del mio blog  sono stato influenzato dall' omonimo film del 2009 di Susanna Nicchiarelli, in cui si narra il parallelismo tra l’utopia di una nuova società e il sogno dello spazio, il tutto attraverso l’occhio della giovane protagonista. Del film mi ha catturato la sua semplicità e il suo  pensiero di fondo, o almeno quello che io ho voluto leggerci:  credere in un sogno ti spinge a fare il necessario affinché questo si realizzi, anche se a volte i sogni sono solo frutto di illusioni.
Il contesto storico in cui il film è ambientato, fatto di rinascita e speranza per il futuro, non può essere paragonabile all’ attuale contesto in cui viviamo, dove ci manca la capacità di sognare un NOSTRO futuro, ma il futuro che desideriamo potrà realizzarsi solo se ricominciamo a sognare, insomma un vero e proprio circolo vizioso.
Sognare non è un sinonimo di irrealismo, per me vuol dire credere che il proprio desiderio possa concretamente realizzarsi e magari continuare a vivere nel tempo, anche se solo con noi. In particolare penso che si possa sognare avendo un proprio pensiero personale, fatto sempre più difficile nell’ attuale contesto in cui viviamo, dove crescente è l’ omologazione alla massa, un processo che ci rende sempre meno capaci di sviluppare un senso critico verso l’ ambiente che ci circonda.

A conclusione della presentazione del nome del mio blog, vorrei solo aggiungere che anche partendo dalle piccole cose, si può sognare. Il nome di questo blog rappresenta un sogno attraverso il futuro.