Anche se è sempre più difficile imbattersi nella sigla TTIP,
ciò non vuol dire che il Trattato Transatlantico per il Commercio e gli
Investimenti non sia più una delle priorità dei nostri governanti europei.
Avvolto nella segretezza sin dalla sua nascita, il TTIP
continua ad essere un mistero anche per gli stessi membri al Parlamento
Europeo.
Per coloro che giustificamene se lo sono perso, il TTIP è un
accordo commerciale di libero scambio tra l’Unione europea e gli Stati Uniti
d’America le cui negoziazioni sono iniziate nel giugno 2013 e tutt’ora sono in
fase di discussione.
Data la segretezza in cui i colletti bianchi si muovono, si
hanno ben poche certezze su cosa conterrà il trattato, tuttavia tra le poche
sicurezze che si hanno, si sa che esso punterà alla creazione di un mercato
unico, riducendo i dazi doganali e rimuovendo, in una vasta gamma di settori,
le barriere non tariffarie, ossia le differenze in regolamenti tecnici, norme e
procedure di omologazione, standard applicati ai prodotti, regole sanitarie e
fitosanitarie. Ciò renderebbe possibile la libera circolazione delle merci,
faciliterebbe il flusso degli investimenti e l’accesso ai rispettivi mercati
dei servizi e degli appalti pubblici.
Sicuramente non mancano posizioni contrastanti riguardo le
finalità di tale accordo. Alcuni sostengono che questo faciliterebbe i rapporti
commerciali tra il vecchio ed il nuovo continente, portando opportunità
economiche, sviluppo, un aumento delle esportazioni e anche dell’occupazione,
mentre altri denunciano che ci sia il pericolo reale che le legislazioni di
Stati Uniti ed Europa si pieghino alle regole del libero scambio stabilite da e
per le grandi aziende europee e statunitensi. Se il progetto avrà successo,
sarà la più grande area di libero scambio esistente, poiché UE e USA
rappresentano circa la metà del PIL mondiale e un terzo del commercio mondiale.
Va sicuramente sottolineato come, al di là della semplice
opportunità economica e di sviluppo per i due continenti, il trattato pone
anche una questione geopolitica. Washington non vuole solo conquistare una
buona fetta del mercato europeo, ma anche allontanare ogni possibile
riunificazione dell’Europa con la Russia, e ancora di più contenere l’avanzata
della Cina. Infatti, tra il 2000 e il 2008 il commercio internazionale della
Cina si è quadruplicato, avendo delle ripercussioni notevoli sia sulle sue esportazioni
che sulle importazioni. Di conseguenza gli Stati Uniti hanno perso la loro
leadership di potenza commerciale mondiale che durava da un secolo.
Prima della crisi internazionale scoppiata nel 2008, gli USA
erano il socio commerciale più importante per 127 Stati, mentre la Cina lo era
solo per 70. Questa tendenza si è invertita, basti pensare che oggi la Cina è
il socio commerciale più importante per ben 124 Stati, mentre gli USA solo per
76. Se l’economia di Pechino continuerà a crescere, nei prossimi dieci anni
addirittura potrebbe minacciare la supremazia del dollaro.
Le parti in causa desiderano chiudere l’accordo prima della
fine del mandato di Barack Obama. Washington
non vuole apparire come il nuovo colonizzatore, tuttavia vuole blindare una
grande zona di libero scambio, dove i prodotti di Pechino o di altri Paesi
emergenti avrebbero difficile accesso.
In questo turbinio di decisioni ed incontri segreti, una
decisiva nota di trasparenza proviene dalla società civile europea e dalla
stesso partito democratico americano. Infatti attraverso le pressioni
provenienti dai cittadini europei, si è ottenuto recentemente la
declassificazione di un solo documento riguardante i principali contenuti del
TTIP e ciò che esso comporta per il contraente europeo. Mentre gli uomini del
congresso del partito democratico, hanno bloccato il piano del presidente che
avrebbe voluto la creazione di una apposita agenzia, la Trade Promotion
Authority, che gli avrebbe permesso di gestire i trattati in solitudine,
chiedendo il consenso del Congresso solo per l’approvazione definitiva del
documento.
Anche se è’ innegabile riconoscere il potenziale di crescita
che il TTIP può avere sulle economie coinvolte, tuttavia propria l’eccessiva
segretezza e la quasi totale assenza di interesse delle istituzione europee da
quanto espresso dai suoi cittadini in
varie manifestazioni Stop TTIP, lascia presagire la presenza nel trattato di un
eccessiva tutela degli interessi della grandi multinazionali a discapito non
solo dei piccoli produttori, che in molti Paesi rappresentano l’ossatura delle
economie nazionali, ma anche della tutela del cittadino.
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