Andando alla scoperta della Galizia durante le passate
festività natalizie, casualmente mi sono imbattuto nel giornale Faro de Vigo. Subito sono stato attratto
dall’articolo di Anxel Vence in cui si inneggiava ad una possibile rivoluzione
Latinoeuropea.
Vence sostiene, che come accaduto nei Paesi Latinoamericani,
presto anche il sud Europa sarà investito da una rivoluzione che cambierà tutti
i sistemi di governo fino ora vigenti. Per il giornalista, Grecia, Spagna,
Italia e Francia, nonostante le loro differenze sono tutti Paesi che saranno
chiamati ad abbandonare il tradizionale sistema di alternanza di partito al
potere, per sostituirlo con movimenti di rottura che offrano soluzioni valide per
la risoluzione dei problemi politici, economici e istituzionali che li
affliggono.
La settimana che sta per concludersi sarà certamente
caratterizzata da un terremoto politico che investirà l’intera Unione europea,
le elezioni anticipate in Grecia, che si terranno il 25 gennaio, potrebbero
consegnare il potere nelle mani di un politico giovane e con poca esperienza:
Alexis Tsipras.
Prima del voto di domenica si preannunciano giorni
infuocati. La polarizzazione tra la destra e la sinistra è ai massimi livelli, e
lo scontro frontale avviene oramai apertamente, persino nei dibattiti pubblici.
Le critiche a Syriza e al suo leader Tsipras, non arrivano
solo dai partiti di destra, ma anche da quelli di sinistra. Il Kke, il partito
comunista greco, tradizionalmente euroscettico, a favore della cancellazione unilaterale
del debito pubblico, del disimpegno dall’Ue e dalla Nato, accusa Tsipras di
avere posizioni troppo morbide nei confronti dell’Europa, e fin dal principio ha
escluso ogni possibile collaborazione di governo.
A non rifiutare possibili alleanze con Syriza è il Pasok,
pronto a fare la stampella di tutti nel prossimo esecutivo ed ora al governo con
la Nuova Democrazia di Samaras. Il leader del Pasok, Evangelos Venizelos, ha
affermato che appoggerà il prossimo governo di coalizione, plausibilmente con
Syriza, se non ci saranno rischi per il futuro della Grecia e dell’Europa, ed
in particolar modo se si segue un piano di uscita dalla crisi con tutti i
partner europei.
A livello internazionale, anche se permangono paure e dubbi sulla
possibile fuoriuscita della Grecia dalla zona euro, la cosiddetta Grexit, si è aperta
una speranza per una probabile rinegoziazione del debito greco.
Guardare ad un’Europa senza la Grecia, è come pensare ad un’Europa
senza radici. In questo contesto sociale ed economico di estrema durezza, tutta
l’Unione deve dimostrare la sua solidarietà verso i più deboli, per potersi così
affermare come grande entità.
Una vittoria netta di Tsipras non è ancora assicurata, ma al
momento sembra l’unica personalità in campo adatta a dare una certa stabilità e
prospettive future alla Grecia.
Considerando che la legge elettorale greca accorda un premio
di 50 seggi alla formazione più votata e che i voti raccolti dalle forze politiche
rimaste fuori dal Parlamento vengano divisi tra i partiti che superano la soglia
di sbarramento del 3 %, Syriza dovrà ottenere tra il 35 e il 39% dei consensi
per formare un governo da solo. Se non riuscisse a prendere i voti necessari si
formerebbe un governo di coalizione in un equilibrio perennemente precario, con
il rischio per la Grecia di nuove elezioni elettorali. Tale ultimo scenario potrebbe
essere il collasso per il Paese.
Anche se Syriza nel voto di domenica deve convincere ancora
tanti elettori, una nuova Europa potrebbe nascere dalle sponde sud del mar
Mediterraneo, e le elezioni in Grecia sono la prima prova per dimostrare se
questa rivoluzione dei Paesi Latinoeuropei può prendere il via.
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